Il processo originato dalla maxi-inchiesta “Ambiente svenduto” opera una brusca marcia indietro e torna al punto di partenza. Quello che è stato riconosciuto come il più grosso caso giudiziario in materia di inquinamento mai celebrato in Italia, per adesso, resta tale solo sulla carta. Il motivo è da individuare in un vizio di forma: la mancata indicazione dei difensori d’ufficio per 10 imputati nel verbale d’udienza dello scorso 23 luglio. Una circostanza che ha violato il diritto alla difesa di chi è sottoposto a procedimenti penali, che ha di fatto sancito la nullità del decreto di rinvio a giudizio firmato dal gup e che, di conseguenza, ha spianato la strada alla trasmissione degli atti di nuovo al giudice delle udienze preliminari. Una decisione, quest’ultima, rivelatasi obbligata per la Corte d’Assise alla luce delle eccezioni sollevate dai pubblici ministeri e dal collegio difensivo dopo aver rilevato un “problema” che adesso ha come ulteriore effetto quello di determinare un sensibile allungamento dei tempi di questa storia giudiziaria. Una storia che per la sua definizione già prevedeva la stesura di numerosi capitoli. Secondo gli addetti ai lavori, nella migliore delle ipotesi, della vicenda che vede sotto accusa l’Ilva per disastro ambientale se ne tornerà a parlare fra due-tre mesi, quando il caso sarà preso in esame dal giudice del Tribunale di Taranto, magistrato che dovrà valutare la posizione dei 47 imputati (3 società e 44 persone fisiche) che sono finiti nel mirino per quella stessa serie di reati che la Procura del capoluogo ionico ha messo nero su bianco al termine di indagini lunghe e complesse. Per quei 47 imputati, almeno per adesso, non ci sarà alcun’altra udienza dinanzi alla Corte d’Assise presieduta dal dott. Michele Petrangelo (a latere la dott.ssa Fulvia Misserini e sei giudici popolari). Almeno per adesso, il “caso Ambiente svenduto” resta al palo fra la delusione di chi sperava in un processo celere e, soprattutto, capace di fare chiarezza su tutto ciò che è accaduto (e continua ad accadere…) in una città sempre più sconcertata da eventi che sembrano segnare il suo destino. Almeno per adesso, come da consolidata e spiacevole abitudine, Taranto dovrà ancora pazientare. Con la speranza che l’attesa non sia vana.
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