LA RIFLESSIONE- Il nostro incubo peggiore

vcm_s_kf_repr_904x575E’ triste doverlo ammettere ma la strage di Parigi non ha fatto altro che confermare che siamo ostaggio di una condizione che da anni ci rifiutiamo di accettare. Nessuno vuole la guerra, ma ormai ce l’hanno “portata” in casa. E non si tratta di un atto compiuto da nemici convenzionali, nemici che puoi affrontare faccia a faccia, nemici che sai dove poter trovare. Questa guerra non ha nulla di tipico dei conflitti che si sono succeduti nel tempo. Chi ha deciso di scatenarla lo ha fatto in ossequio ad un fanatismo la cui matrice resta comunque di difficile interpretazione. Meglio lasciare da parte questioni religiose anche perché qui si è di fronte ad azioni criminali che nessun Dio potrà mai “giustificare”. Quanto accaduto in Francia ha dimostrato che siamo prigionieri del terrore. Del terrore di veder svanire tutto in un attimo per l’azione di menti malate e proprio per questo pericolosissime. Già…  il terrore di vedersi portare via la vita. Un terrore che in questo scontro disumano ci penalizza in maniera importante, se non decisiva.  In questa guerra noi abbiamo tutto da perdere, i nostri aggressori… niente. Loro non hanno paura di morire. Anzi. Loro cercano il sacrificio estremo. Per loro, l’esistenza terrena è solo un passaggio, magari fastidioso, ma solo un passaggio.  Loro non hanno paura di cadere al suolo crivellati di colpi di armi da fuoco o dilaniati da bombe. Il martirio (per loro) è l’obiettivo da perseguire. Ed è questo che li favorisce nella guerra che stiamo subendo.

In queste ore le grandi potenze (e per “grandi potenze” si intendono quegli Stati che dispongono di una più che apprezzabile capacità militare) stanno tentando di riorganizzare le idee ed approntare una “difesa offensiva”. Certo: alzare la guardia, aumentare i controlli e pianificare attacchi nella speranza di beccare il bersaglio giusto è già un buon inizio. Ma forse, adesso, non basta. Adesso è necessario capire che si è davvero arrivati al punto di non ritorno. E’ necessario capire che si deve affrontare una guerra in cui i nemici non fanno prigionieri. A fronte del disastro delle “Torri Gemelle” a New York, tutti sostennero che “nulla sarebbe stato come prima”. Ed è stato vero. Perché il dopo, probabilmente, si è rivelato pure peggio. Il terrorismo non è stato sconfitto e continua ad essere l’incubo di questo nuovo millennio. Quando il presidente francese Hollande annuncia a tutto il mondo che la risposta agli attacchi portati nel cuore di Parigi sarà spietata  lascia intuire che i margini per vincere questa guerra ci sono. E per chi lo ascolta, ancora stordito dal fragore degli ultimi avvenimenti, è già un sollievo.  Ma dietro quella proclamazione ferma e decisa forse non c’è altro che un auspicio. La speranza di poter sconfiggere chi ha ucciso innocenti in nome di un inconfessabile fanatismo è viva in tutti noi. Il problema è che non sarà un’operazione semplice e veloce. Però, visto il punto in cui si è arrivati, l’importante è che almeno si tenti.