LA RIFLESSIONE- Benvenuti nello strano Paese

Il Colosseo (foto RasEt)
Il Colosseo (foto RasEt)

Ormai è confermato: nessuno se le va a cercare come gli italiani. L’ultima prova in ordine di tempo è quella fornita dall’assemblea sindacale che nella mattinata di venerdì 18 settembre ha comportato lo slittamento di tre ore dell’apertura ai turisti del Colosseo, dei Fori imperiali e delle Terme di Diocleziano. Quanto accaduto sembra aver colto di sorpresa tutti (anche se si trattava di una riunione regolarmente autorizzata) ed in più ha fatto davvero incazzare il premier Matteo Renzi, il ministro Dario Franceschini ed il sindaco della Capitale Ignazio Marino secondo i quali adesso la misura è colma anche perché il Paese non può continuare fare delle figuracce intercontinentali come questa. Si è parlato di “sfregio”, di “vergogna”,  di “schiaffo” giusto per dare l’idea di come questo episodio abbia minato una volta di più la nostra credibilità all’estero. E non solo.

Sicuramente, quello che è successo potevamo risparmiarcelo dopo che a livello “pubblicitario” abbiamo dato il meglio di noi un mese fa con il caso dei funerali di Vittorio Casamonica (sempre a Roma…). Sicuramente, con tutti i problemi che ci sono da risolvere in Italia il governo non aveva bisogno di un’altra gatta da pelare. Sicuramente, con un po’ di attenzione e maggiore informazione  il danno ed il fastidio ai tantissimi turisti sarebbero potuti essere ridimensionati. Eppure non è la prima volta che una situazione simile si verifica (il riferimento è agli scavi di Pompei), ma evidentemente  le precedenti esperienze non insegnano abbastanza, così come le conseguenze di quello che accade o che potrebbe accadere non vengono mai tenute in debito conto. Per quale motivo? Forse proprio perché ce le andiamo a cercare. Se da un lato i politici si affrettano a “condannare” fatti del genere sostenendo che sono capaci solo di incrinare l’immagine dell’Italia, dall’altro i sindacalisti cominciano a sospettare che, nel nostro strano Paese, si voglia addirittura comprimere la democrazia se ogni volta che si tiene un’assemblea si dice che… non si può fare. Insomma, siamo solo ai colpi di fioretto, ma  l’impressione è che i contendenti siano pronti ad impugnare (metaforicamente) le scimitarre.

Ad ogni modo, per evitare che le cose si ripetano è già pronto un decreto che inserirà fra i servizi pubblici essenziali anche i Musei (a proposito, ma del Senato si sa niente?). E non basta. Prima di eventuali assemblee sindacali o scioperi bisognerà avere l’ok del Garante. Ecco, visto? In poco e niente il problema è stato risolto. Però è un peccato che ci sia sempre bisogno del “latte versato” per decidere di occuparsi di una qualsiasi situazione. In Italia stiamo affinando la tecnica del “saper parlare e decidere bene”, ma sempre dopo che il fatto è accaduto. Siamo invece ancora un po’ indietro quando si tratta di prevenire. Possibile che non ci fosse alcun modo per garantire sia il diritto dei lavoratori di riunirsi e discutere delle loro questioni sia quello dei turisti giunti nel nostro Paese per ammirare bellezze che non esistono da nessun’altra parte del mondo? In attesa di risposte illuminanti, possiamo consolarci ascoltando la ridda di ipotesi che chiunque va formulando. Si va dal “forse è saltato un coordinamento fra le parti” o, come si usa dire, “c’è stato un difetto di comunicazione”, che poi è praticamente il colmo in un’epoca in cui, grazie ad internet, non c’è alcuno che non sappia qualunque cosa in tempo reale. Resta il fatto che, specialmente in casi “colossali” come questo, tutti hanno ragione e nessuno ha torto. Ma al di là di questa disputa… non giriamoci intorno: quanto accaduto a Roma non doveva succedere, eppure è successo. E non stupiamoci se (nonostante decreti e giri di vite) succederà ancora. Benvenuti nello strano Paese.