La maxi-inchiesta che nel luglio di tre anni fa inferse un durissimo colpo all’Ilva di Taranto con l’accusa di disastro ambientale diventa materia da trattare nell’ambito di un regolare processo. La decisione di far finire decine e decine di fascicoli all’attenzione della Corte d’Assise è stata adottata dal gup dott.ssa Vilma Gilli. Preso atto degli esiti di un’udienza preliminare durata tredici mesi, il magistrato ha rinviato a giudizio 47 imputati (44 persone fisiche e tre società), gli stessi che a partire dal prossimo 20 ottobre dovranno cercare di ridimensionare l’assunto accusatorio formulato dalla Procura del capoluogo ionico. A risultare destinatari del verdetto del giudice sono stati ex esponenti di spicco del colosso siderurgico come Fabio e Nicola Riva. Ma anche politici come l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, l’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, il sindaco del capoluogo ionico Ippazio Stefano, l’attuale consigliere regionale Donato Pentassuglia, il deputato Nicola Fratoianni. Ad ogni modo, la lista di coloro che fra tre mesi mesi dovranno affrontare quello che si preannuncia un vero e proprio maxi-processo è davvero lunga e variegata. Il procedimento sarà caratterizzato da reati che vanno dall’associazione a delinquere al disastro ambientale, dall’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni all’avvelenamento di sostanze alimentari, dal favoreggiamento all’omicidio colposo. Tutti reati che, ipotizzati alla luce di quanto emerso dalle lunghe indagini preliminari (sfociate anche nel sequestro di alcuni impianti dello stabilimento), non hanno subìto alcun ridimensionamento stando al verdetto del gup, che ha praticamente aderito all’assunto accusatorio formulato dal pool di magistrati inquirenti. Dal canto loro, nel corso dell’udienza preliminare tutti gli imputati, attraverso le rispettive difese, hanno cercato di prendere le distanze dalle imputazioni fornendo una personale lettura dei fatti ed illustrando giustificazioni tese a ridimensionare quanto sostenuto dai pubblici ministeri. Ad ogni modo, valutati gli elementi a sua disposizione, il giudice non ha nutrito molti dubbi riguardo all’esigenza di far esaminare l’imponente documentazione probatoria dalla Corte d’Assise (si ricorda che a determinare la competenza di questo organo giudicante è la presenza fra le imputazioni di reati come quello di avvelenamento di sostanze alimentari). Da segnalare che cinque inquisiti avevano chiesto di essere processati con il rito abbreviato. Una scelta che ha sortito effetti positivi per l’ex assessore regionale pugliese Lorenzo Nicastro, per l’avv. Donato Perrini e per il sottufficiale dei carabinieri Giovanni Bardaro, tutti assolti o perché il fatto non sussiste (i primi due) o per non aver commesso il fatto.
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