MINACCIATI VIGNETI E AZIENDE VINICOLE DAL CALO DEI CONSUMI INTERNI DI VINO

uvaUn forte grido di allarme è stato lanciato dal 69° Congresso Nazionale di Assoenologi svoltosi nei giorni scorsi a San Patrignano: se non si riuscirà a spezzare la preoccupante spirale del calo dei consumi interni di vino corre un grande rischio la sopravvivenza ai molti vigneti e aziende vinicole in varie regioni del Bel Paese. Infatti oggi la normale fruizione di vino in Italia si è assestata sui 40 litri pro-capite, cioè un terzo di quanto si beveva a metà degli anni Settanta, ed entro una decina d’anni sarà probabilmente destinata a scendere ancora sino ad arrivare presumibilmente intorno ai 35 litri.

Attualmente, secondo una stima appunto dell’Associazione Enologi Enotecnici Italiani presieduta da Riccardo Cotarella e diretta da Giuseppe Martelli, le aziende   vitivinicole italiane sono 700 mila, con una superficie media intorno ad un ettaro, tra una ventina d’anni se non si verificheranno sostanziali cambiamenti del quadro tecnico e commerciale nazionale, scenderanno probabilmente alla metà. Al riguardo i numeri certamente non mentono e mostrano perfettamente quali siano le sfide vinte sui mercati internazionali del vino italiano e i problemi ancora appunto da risolvere sul mercato interno.

E a San Patrignano, nella seconda sessione del Congresso 2014 di Assoenologi, uno dei più interessanti incontri di studio e confronti tecnico-commerciali è stato animato dagli interventi— moderati da Bruno Vespa – proprio su “Il vino nei numeri tra produzione e consumo”, di numerosi importanti esponenti del mondo vitivinicolo nazionale. I quali, dopo aver evidenziato che l’Italia è da considerare indubbiamente uno dei principali Paesi trainanti per 1’enologia con una produzione pari al 18% di quella mondiale, hanno nel contempo messo in luce il fatto che negli ultimi anni si è dovuto assistere ad una forte e progressiva diminuzione della sua superficie a vigneto, che oggi registra giusto all’incirca 700 mila ettari vitati – come sostiene 1’Assoenologi – avendone perduto in soli vent’anni ben 276.699.

Secondo Giovanni Mantovani, di Veronafiere, si tratta di una tendenza, questa, che ha però coinciso con un consistente recupero del valore a giunto delle nostre produzioni, e con un livello di prezzi migliore, come testimonia l’ultima annata. Mentre per Carlo Dalmonte, di Gaviro, in Italia c’è stato ultimamente un grande rinnovamento dei vigneti, anche grazie ai fondi europei per il restyling e questo non può che fare bene alla qualità della produzione, ma gli ettari “rottamati” persi per strada non sono certamente un bene per la nostra competitività. Da parte sua Lamberto Vallarino Gancia, di Federvini, ha tenuto a sottolineare che la sovrapproduzione ha causato problemi nel recente passato, e la novità degli ultimi anni è stato il rinnovamento dell’OGM (Oganizzazione comune di marcato, il pacchetto di misure europee teso a governare il settore) che ha spostato la barra delle misure di “distruzione” come le distillazioni a quelle di promozione sui marcati terzi, e da lì è partita la corsa del vino italiano sui mercati mondiali.

Intanto Ruenza Santandrea, della romagnola Gevico (una cooperativa tra i leader della produzione nazionale, che gestisce attraverso le famiglie socie 1,5 milioni di quintali di uve, e il cui direttore tecnico, l’enologo Pierluigi Zama, presidente della sezione romagnola di Assoenologi, organizzatore del Congresso di San Patrignano), ha ammonito a non ostinarsi nell’abitudine “provinciale” di guardare solo al nostro Paese: non è che se produciamo di meno, il prezzo si alza. Il vino oggi si “travasa”, scorre tra un mercato all’altro e se non produciamo abbastanza per soddisfare le richieste di buon vino al prezzo giusto, altri competitor sapranno cogliere queste opportunità. Lo sforzo di assicurare il giusto reddito ai soci produttori ha fatto sì che gli ettari persi per strada in Emilia-Romagna siano decisamente inferiori alla media nazionale. La replica è subito venuta da Demenico Zonin, di Uiv, il quale ha sostenuto che la tendenza all’accorpamento aziendale è una tendenza assolutamente positiva e giustificata dalla dimensione sempre più vasta del mercato mondiale. I mercati emergenti come Usa, Cina, Brasile non si aspettano, vedono opportunità e piantano anche loro vigneti. Occorre struttura e organizzazione per raggiungere questi mercati: le competizione si fa sulla promozione.

In buona sostanza c’è infine da evidenziare — ha quindi concluso Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi — che le perdita di superficie produttiva è vista da alcuni produttori come una opportunità, da altri come un dramma, anche perché gli ettari espiantati sono spesso ettari persi, e difficilmente si riesce a trovare una coltura che possa assicurare il reddito di un vigneto. Non ci sono studi ufficiali, ma la tendenza del consumo interno, se non in interverranno variabili auspicabili come delle campagne di comunicazione in grado di riavvicinare i giovani alla cultura del vino, è destinato a scendere sotto gli attuali 40 litri pro capite e raggiungere presto i 35. E l’effetto sulle aziende si farà sentire pesantemente: la maggioranza di quelle italiane non è in grado di raggiungere i mercati esteri per cui si può considerare non del tutto azzardata le previsione che, se dovesse permanere l’attuale quadro tecnico e commerciale, in più o meno una ventina d’anni si potrà considerare assolutamente giustificata dagli eventi.

di Roberto A. Raschillà