Il varo della nuova “Politica Agricola Comune” e la Fiera di Foggia

Fiera di FoggiaIl Parlamento Europeo ha votato nei giorni 12 e l3 marzo 2013 il varo della nuova PAC (Politica Agricola Comune) che penalizza il nostro Paese con la perdita complessiva di fondi pubblici per una cifra pari a più o meno un miliardo di euro (passando in pratica da 430 e 370 euro per ettaro); la riduzione dei fondi potrebbe comunque venire compensata del miliardo e mezzo previsto dai PSE (Programmi di Sviluppo Rurale). Intanto il presidente nazionale di Confagricoltura, Mario Guidi, e il direttore generale Luigi Mastrobuono, da Foggia dove nel frattempo erano andati ad inaugurare la nuove sede dell’associazione delle organizzazioni agricole italiane “Agrinsieme” (alla quale però non partecipa la Coldiretti), commentando le votazioni del Parlamento Europeo di Strasburgo sulla PAC, hanno tenuto ad evidenziare che si prospettano tempi fondamentali per capire se il Parlamento stesso vorrà affrontare la capacità di correggere le decisioni dei premier europei sui budget comunitari. Con la nuova PAC si vogliono difendere sia il budget agricolo italiano sia quello europeo, perché una contrazione di risorse a disposizione della spesa europea significa che la Comunità europea fatica a credere in se stessa.

Tenendo presente che ammonta a meno 4,4% il calo del valore aggiunto italiano in agricoltura nel 2012 (meno l,2 miliardi di euro su base annua), e che rispetto al 2004 già ben 3 miliardi di euro (pari ad oltre dieci punti percentuali di valore aggiunto in meno) sono stati bruciati dalla nostra agricoltura, da un responsabile ripensamento sul Voto del Parlamento Europeo di Strasburgo dipende anche l’effettivo auspicato rilancio dell’agricoltura italiana in termini di ricerca, sviluppo e soprattutto innovazione. Da Strasburgo ci si aspetta — hanno inoltre sottolineato Guidi e Mastrobuono — la possibilità di destinare le risorse e progetti di crescita e di sviluppo, investendo appunto in innovazione, tecnologia, conoscenza e possibilità di connessione. Tutti aspetti che per un’agricoltura moderna sono ormai imprescindibili.

Riferendosi poi, al riguardo in particolare proprio alla prossima edizione- {30 aprile – 5 maggio) della Fiera internazionale dell’Agricoltura di Foggia, il presidente e il direttore generale di Confagricoltura hanno infine anche affermato che per la Puglia e lo stesso Mezzogiorno varie importanti occasioni di rilancio per il settore primario possono essere anche originate da manifestazioni specializzate, capaci di poter guardare con successo al di là delle ormai obsolete formule delle fiere campionarie agricole generali; aggiungendo che così come è attualmente strutturata appunto la Fiera di Foggia non si rende assolutamente utile al sistema economico meridionale. Mentre quello che invece richiede oggi il mercato sia regionale che nazionale è giusto la specializzazione, che nel caso foggiano potrebbe arrivare dal grano, dal pomodoro, dalla frutta, dall’uva, dall’olio, dal vino e pure dal bestiame. Creando quindi un’immensa vetrina di interessi specifici che possa divenire leader oltre che regionale anche nazionale nei suoi singoli generi.

Fiera di Foggia

A questo punto va opportunamente ricordato che la Fiera di Foggia può vantare l’importante privilegio di essere considerata tre le più antiche del Vecchio Continente, essendo stata istituita con una bolla imperiale intorno al 1200: un vero e proprio “marchio di tradizione” al quale ancora oggi l’Ente fieristico foggiano suole ricorrentemente richiamarsi quale autentico “titolo” di nobiltà e di prestigio. Fu appunto l’Imperatore Federico II di Svevia che — come viene annotato in un documento dell’archivio storico dell’Ente — data a Foggia la dignità di sede regale, bandì otto secoli fa una Fiera nelle primavere di ogni anno, sotto le Vigilanza (come si diceva allora) dall’imperiale Capo di Giustizia. Da quel tempo le vicende storiche di capitanata con quelle della città di Foggia e della sua Fiera s’intrecciano e confondono, tanto che è singolare rilevare molto spesso nelle cronache antiche e anche recenti, che parlano delle varie vicende cittadine, l’inciso “… durante la Fiera…”.

Un altro grande personaggio storico al quale la Fiera deve molto della sua gloriosa esistenza fu Alfonso I di Aragona, l’intelligente ideatore della “Dohana Menae Pecudum“, il quale fece di Foggia la capitale economica del Regno Napoletano e della sua Fiera la più prestigiosa e “ricca” del reame meridionale, dotandola di particolari privilegi, che si accrebbero ancora nei periodi spagnolo e borbonico. Quando, proprio in occasione della Fiera, Foggia mobilitava tutti e i poteri cittadini passavano al “Mastro in Fiera”, autentico potente magistrato che sovrintendeva a tutte le questioni locali e del circondario, sia quelle riguardanti il commercio e l’esposizione delle merci, che quelle interessanti il turismo (per acoogliere degnamente tutti i commercianti che provenivano da ogni parte del reame e anche i nobili e spesso addirittura gli stessi sovrani) e infine curava pure le svariate manifestazioni di contorno comprese quelle ludiche e teatrali.

Con l’avvento dell’Unità d’Italia, la Fiera di Foggia perse il suo indiscusso primato pur continuando ininterrottamente con successo le sue peculiari manifestazioni. Finché nel 1939, in riconoscimento della sua particolare tradizione, venne eretta, tra le prime Fiere italiane, in Ente pubblico con la qualifica di “internazionale dell’agricoltura”. Le alterne vicende della guerra e dell’immediato dopoguerra sembrarono interrompere il suo proficuo cammino. Ma la ripresa, nel solco delle tradizione non poteva assolutamente mancare e, oggi, riorganizzata e riordinata, la Fiera di Foggia e tornata a pieno titolo ad essere considerata nuovamente la grande incomparabile sede internazionale degli incontri commerciali e di studio dell’intero nondo agricolo centro-meridionale, giunta alla sue 64esima nuova edizione.

Comunque, nel contempo va anche messo nella sua giusta dimensione il fatto che intanto già ai primi dell’Ottocento veniva inoltre “affiancata” alla tradizionale Fiera di primavera dedicata all’agricoltura, pure quella degli animali, in autunno inoltrato. La “Fiera del bestiame di novembre” (cosi venne chiamata), non aveva organizzativamente la stessa antica tradizione della Fiera agricola di maggio, le cui origini, come già accennato, si fanno risalire all’epoca federiciana. L’istituzione della “Fiera del bestiame”, che fu detta più specificamente di “Santa Caterina”, dal giorno di celebrazione della stessa Santa, ebbe luogo nel novembre del 1823. Tale data, com’è chiaro, fa naturalmente riferimento alla vicenda delle transumanza e della “Dogana della mena delle pecore” di Foggia. Infatti era la data che dava diritto ai pastori di entrare nei pascoli della Dogana.

L’istituzione di tale nuova manifestazione era la dimostrazione, a quell’epoca, di una grande trasformazione in atto del mercato fieristico. Non era più, solo, infatti, la produzione lattiera e casearea che interessava il mercato di Capitanata e della Puglia con tutto il Centro-Sud, legato alla Fiera foggiana di maggio, ma anche la zootecnia con il bestiame “grosso”, sia da lavoro che da allevamento, che ave va bisogno di una valida importante “occasione” di scambio e di approvvigionamento autunnale. Perciò l’Intendente di Capitanata del tempo, Biase Zurlo, prese l’inizia tiva di proporre la realizzazione di una seconda Fiera annuale a Foggia, detta — come recitano le cronache dell’epoca — “Fiera di Santa Caterina, che Sua Maestà Ferdinando I concesse con decreto dell’8 ottobre l823, fissandone lo svolgimento nei giorni 25, 26 e 27 novembre di ogni anno”.

Il “Giornale Patrio” del Villani; registrava con ampia soddisfazione: “Nella mattinata di martedì 25 novembre 1823 si è aperta la novella Fiera. Lo sparo di un pezzo di artiglieria al far dell’alba ha dato il segnale. Niuno avrebbe creduto che una fiera nascente, decretata appena in data dello scorso ottobre e che a stento in così breve tempo è venuta a conoscenza delle vicine province, sia stata per la prima volta coverta di animali di ogni sorta e in quella quantità relativa alla circo stanza. Vari mercanti si sono ugualmente portati a vendere le loro mercanzie nella strada mercantile. La Rimonte non ha mancato ben anche di venire a fare i suoi contratti e finalmente tutto promette la riuscita di una Fiera in prosieguo di egual concorso e quelle di maggio.”

Un secolo e mezzo dopo, nel 1972, al tradizionale nome di “Fiera di Santa Caterina” è stato poi aggiunto il nome di Carnesud in quanto, insieme agli allevamenti zootecnici, vengono commercializzati, durante la Fiera, soprattutto bestiame per 1’allevamenbo carneo, insieme a specifiche attrezzature per le macelleria, impianti per la commercializzazione e la conservazione delle carni, banchi frigo, celle, ceppi ed altri vari strumenti. Oggi la nenifestazione si chiama “Zootecsud” e si svolge di norma nella seonda decade del mese di novembre di ogni anno.

Per concludere, tornando ai suggerimenti dati — come già accennato all’inizio — dai vertici di Confagricoltura circa eventuali più incisive specializzazioni della Fiera Internazionale dell’agricoltura e della Zootecnia di Foggia, va anche ricordato in proposito che già nel maggio del 2011 si tenne un interessante convegno di studio organizzato appunto dalla Confagricoltura di Capitanata, con tecnici e operatori della filiera cerealicolo-molitoria e della ricerca scientifica nel settore per illustrare un progetto di rilancio di una settore strategico per l’economia agricola del Mezzogiorno e per l’industria alimentare di tutto il Paese. Volendo così puntare il dito sulle necessità di riaccendere i riflettori su un comparto che negli ultimi anni ha vissuto momenti difficili, ma che nelle aree di maggiore voca zione può e deve trovare il suo grande ricupero come settore che può essere definito a ragione “primario nel primario”.

Intervenendo all’assise appunto il presidente nazionale di Confagricoltura, Mario Guidi, tenne ad evidenziare che per quanto riguarda specificamente il frumento duro il vero problema resta la volatilità delle quotazioni internazionali che condiziona la produzione, in quanto l’altalena dei prezzi impedisce programmazioni sul lungo periodo generando un preoccupante stato di indecisione e disaffezione. E il pericolo per tutta la filiera del grano duro è quello di perdere zone coltivate, soprattutto nel Meridione, dove le alternative colturali non ci sono, scendendo in tal modo sotto quella quota produttiva e di mercato necessaria al nostro Paese per mantenere il ruolo di riferimento che gli spetta in questo specifico settore delle cerealicoltura, il che impone l’adozione di politiche in difesa dell’approvvigionamento nazionale.

Ed è giusto in un tale quadro e in una siffatta ottica che precisamente la Fiera di Foggia potrebbe avviare, creare e consolidare un’importante manifestazione speciaizzata autonoma dedicata esclusivamente ad una grande specifica vetrine internazionale, dedicata alla filere cerealicolo-molitoria con studi sulla ricerca scientifica in modo precipuo ad esempio sul “frumento duro”.

Roberto A. Raschillà

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