TARANTO- Tutto come da più parti preventivato: il procedimento che vede coinvolta l’Ilva di Taranto per disastro ambientale è stato sospeso, al pari dei termini massimi di custodia cautelare e della prescrizione. Della vicenda giudiziaria che ha messo in ginocchio il colosso siderurgico e travolto gli ex vertici dello stabilimento se ne riparlerà il prossimo 16 settembre. A determinare questo aggiornamento è stata la richiesta di remissione del processo depositata nell’ufficio del Gup del Tribunale ionico circa due settimane fa dai legali di quindici inquisiti. Gli stessi che avevano adombrato come nella “città dei due mari” non vi fossero le condizioni ideali per garantire una serenità di giudizio. Una mossa difensiva che ha prodotto quello che era l’effetto più scontato: sospensione dell’udienza preliminare e trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione. Ad ogni modo, va evidenziato che anche se non vi fosse stata l’istanza di trasferimento del processo, il caso originato dall’inchiesta denominata “Ambiente svenduto” questa mattina non avrebbe ugualmente preso il via. Ad imporre lo “stop” sarebbe stata l’omessa notifica della fissazione dell’udienza ad un paio di imputati, un difetto eccepito dal collegio di difesa e ritenuto fondato dal gup del Tribunale chiamato ad occuparsi della vicenda, la dott.ssa Vilma Gilli. Che ha così individuato nel 16 settembre la data di ripresa del procedimento, sempre che nel frattempo la Suprema Corte non abbia già espresso il proprio parere sulla richiesta di rimessione. In attesa di novità da Roma, tutto resta bloccato, pure le costituzioni delle parti (sia quelle chiamate in causa come inquisite, sia quelle che risultano esser state offese dai reati che vanno ad integrare il capo d’accusa). Parti che hanno affollato per quasi quattro ore la capiente palestra dei Vigili del Fuoco di Taranto, per l’occasione trasformata in una aula giudiziaria. Da segnalare che numerosissimi sono coloro che tramite i propri legali hanno preannunciato di voler sottoporre al giudice la richiesta di maxi-risarcimenti per i danni che sarebbero stati provocati dall’attività industriale dell’Ilva (si va da un minimo di un milione ad un massimo di 10 miliardi di euro). Per dovere di cronaca si ricorda che a rischiare di dover giustificare le rispettive posizioni nel corso di un regolare dibattimento sono tre società e 49 persone (fra cui imprenditori, professionisti, manager e politici).
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