“Ambiente svenduto”: i legali dell’Ilva chiedono il trasferimento del procedimento a Potenza

L’udienza preliminare che a partire dal prossimo 19 giugno dovrà occuparsi del procedimento che vede sotto accusa l’Ilva di Taranto per disastro ambientale potrebbe subire un rinvio o, quantomeno, prendere il via con il “freno tirato”.

A fare spazio a queste ipotesi è l’iniziativa intrapresa questa mattina dal collegio difensivo del colosso siderurgico che ha presentato al Tribunale del capoluogo ionico istanza tesa ad ottenere che l’intera vicenda venga trattata dai magistrati del Palazzo di Giustizia  di Potenza.

Le motivazioni che hanno indotto i legali della famiglia Riva e di altri inquisiti eccellenti a chiedere la rimessione degli atti processuali sono stati illustrati in un documento di ben 180 pagine.

In sostanza, i difensori dell’azienda sostengono che a Taranto non vi siano condizioni tali da garantire una serenità di giudizio a chi dovrà stabilire se accogliere o meno la richiesta della Procura di far finire sotto processo i 53 soggetti coinvolti nella maxi-inchiesta denominata “Ambiente svenduto”.

L’organo chiamato a decidere sull’importantissima questione è la  Suprema Corte che, una volta valutata la sussistenza di un’eventuale “gravità della situazione locale”, può disporre la sospensione del processo.

A dover trasmettere l’istanza alla Cassazione  è  il giudice delle udienze preliminari chiamato ad occuparsi del caso: la dott.ssa Vilma Gilli. Si ricorda che la presentazione della richiesta di rimessione non produce effetti sospensivi sul procedimento; ad ogni modo, il gup non potrà adottare alcun tipo di decisione fino a che non sia intervenuta  la pronuncia d’inammissibilità o di rigetto.

Si ricorda per dovere di cronaca che in questi giorni numerose persone offese dai reati che vanno ad integrare il corposo capo d’accusa hanno preannunciato di volersi costituire parte civile. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato il Comune di Taranto.