La Puglia regina dell’enoturismo

Enoturismo in PugliaLo staff del Master in Economia del Turismo presso l’Università Bocconi ha presentato durante la scorsa edizione del Vinitaly a Verona, in collaborazione con il Movimento Turismo del Vino, un’interessante ricerca su “L’enoturismo in Puglia: verso una scoperta culturale“. A commissionare l’indagine è stato specificatamente l’Assessorato alle Ricerche agroalimentari della Regione Puglia allo scopo di valutare oggettivamente l’effettivo livello dell’offerta turistica nello specifico comparto, individuandone i diversi punti di forza e valutandone le possibili azioni volte ad un eventuale più incisivo potenziamento unito ad un conseguente continuo miglioramento.

Dai dati raccolti nel corso della ricerca è emerso che generalmente la visita alle aziende prescelte, o semplicemente individuate, viene effettuata da gruppi di enoturisti composti più o meno da una ventina di persone, dura mediamente una sessantina di minuti, viene quasi sempre seguita da una attenta “passeggiata” tra i filari delle vigne e si conclude poi con la degustazione dei vini assieme a prodotti della gastronomie locale. Mentre il 32,7% dei proprietari o dirigenti delle aziende vitivinicole accoglie e guida personalmente la visita dei turisti, il 93,2% parla normalmente anche una lingua straniera, preferibilmente l’inglese, e il 27,3% si fregia della certificazione dell’accoglienza in cantina. Circa poi l’offerta dei servizi va rilevato che solo il 15,9 delle aziende offre la possibilità di pernottamento in cantine, mentre, comunque, il 31,8% offre la ristorazione completa, e, infine, il 50% pone in vendita insieme ai propri vini svariati prodotti tipici del luogo. Tutto questo fa in definitiva, come appunto voleva dimostrare la ricerca stessa, della regione pugliese la vera e propria indiscussa regina dell’enoturismo del Belpaese.

Intanto a proposito va segnalato uno specifico studio realizzato a suo tempo dall’Ufficio Stampa dell’Associazione Nazionale Città del Vino e redatto a firma di Paolo Corbini, secondo il quale i territori del vino stanno appunto diventando – oltre che in Italia anche un po’ in tutto il mondo — le nuove mete di un turismo sempre più selezionato che punta alla ricerca di specifiche aree sia rurali che extra cittadine in cui il livello della qualità ambientale risulti sempre più alto e dove sia davvero possibile rinvenire, insieme alle peculiari bellezze naturali archeologiche, storiche e alle attrattive prettamente culturali, anche una qualità della vita diffusa dove al centro si posiziona la stessa qualità del mangiare e del bere. In questo quadro e in una tale ottica proprio il turismo enogastronomico — e il turismo del vino in particolare — è assolutamente destinato ad intercettare ampie quote di mercato: la maggior parte dalle varie correnti turistiche specifiche si dirigerà in quei territori del vino che meglio degli altri sapranno, giusto organizzare la loro offerta esclusiva e che riusciranno ad organizzare, giusto intorno al prodotto vino, tutta una serie di servizi in grado di favorire con la permanenza, anche se saltuaria o momentanea, la conoscenza del territorio e degli altri prodotti tipici alimentari, artigianali, della storia e della cultura sotto ogni suo aspetto.

In definitiva, quindi, va riconosciuto che la capacità di realizzare appunto un valido sistema integrato di offerta turistica specializzata indubbiamente si è reso possibile ieri proprio attraverso le strade del vino, intese come autentici “progetti” di azione che potevano mettere assieme le diverse capacità operative sia pubbliche che private per poter dare soprattutto al turista cultore dell’enologia e amante delle vigne tutte le opportunità che ricerca nei suoi viaggi. Ovviamente tutto ciò presuppone che insieme al vino di qualità si debba anche saper proporre unitamente un adeguato territorio “di qualità”; e in un tale contesto giusto il tema della tutela del paesaggio diventa uno dei punti più qualificanti della stessa azione amministrativa, tenendo sempre presente, nel frattempo, che proprio le strade del vino possono assolutamente favorire nuove continue occasioni di sviluppo economico e sociale creando numerose opportunità di lavoro e di aggregazione anche fra genti diverse. Non perdendo comunque di vista a tale riguardo, che dietro a questo concetto si cela tutta una lunga serie di azioni molto complesse e combinate del tutto indispensabili affinché possa essere raggiunto appieno l’obiettivo della tutela in questione.

Indubbiamente il paesaggio in sé costituisce senz’altro un elemento del tutto fondamentale per identificare un territorio e valutarne la qualità complessiva: quanto è stato costruito dalla mano dell’uomo e quanto invece, da parte sua, la natura ha creato, plasmato e conservato nel corso dei millenni, oggi si integrano per formare quell’insieme di soggetti/oggetti — quali case, campi coltivati, vegetazione, boschi, foreste, strade, canali, fiumi, palazzi, città, ecc. — che costituiscono, in una fantasmagorica scenografia, l’ambiente esclusivo in cui viviamo e che ci vede quotidianamente insieme come protagonisti e nel contempo unici attori. Il paesaggio inteso alla stregua di teatro è, infatti, da considerare una delle meravigliose concezioni che risultano più attinenti a dimostrare, ove che ne fosse bisogno, lo stretto legame tra l’attività umana e il territorio stesso. Così che il paesaggio insieme al territorio che lo esprime riesce a diventare uno splendido elemento capace di suscitare davvero profonde emozioni e colui che è portato ad apprezzare il grande valore intrinseco del segno umano dentro la natura è senz’altro in grado più di altri di progettare e costruire nel rispetto più assoluto del territorio e nella più valida prospettiva di poter realizzare qualcosa oltremodo migliore per il futuro.

In uno studio sull’ambiente e l’agroindustria redatto una trentina di anni fa su commissione dell’Università di Napoli si nota che sotto il profilo territoriale e tecnico l’assestamento di maggior rilievo è accusato specificatamente proprio dalla vite, la cui evoluzione sta a simboleggiare meglio di ogni altro processo le mutate condizioni sociali ed economiche in particolare delle regioni meridionali, dove per l’appunto la vite si afferma nelle terre migliori del Tavoliere, del Salento, dell’arco ionico calabro-lucano e della Sicilia sud-occidentale, dove largo spazio occupano ancora oggi i tendoni per la produzione di uva da tavola ed enorme distese di filari di uve da vino. In virtù di questa polarizzazione dell’area vitata, girando per le campagne del Sud si ha quindi l’impressione che il paesaggio della vite tenda sempre più a dilatarsi a dismisura, favorendo pertanto, quasi inconsciamente, lo sviluppo segnatamente dell’enoturismo.

Ciò, in definitiva, sta proprio a significare che la costruzione del territorio si ha quando uno spazio naturale, che vive senza l’uomo, si trasforma in spazio culturale, oltre che agricolo, caricandosi di significati, riferimenti, simboli e denominazioni che lo caratterizzano e dove l’individuo e la società si esprimono e raccontano la propria storia. E tutto questo avviene — ed è avvenuto nel corso dei secoli per quanto riguarda in particolare l’Italia ed altri determinati Paesi europei — giusto nei territori del vino. Giacché il paesaggio vitivinicolo è caratterizzante e costituisce un elemento molto forte di identificazione di un territorio come appunto quello pugliese. Dove, infine, per dirla con Roger Dion “la qualità dei vini è aiutata dal desiderio di bere bene e anche dall’eccellenza di un territorio“. Un territorio che con i suoi luoghi di culto, i monumenti, gli spazi urbani, la natura, le coltivazioni agricole e viticole invita allo sviluppo dell’enoturismo.

Roberto A. Raschillà

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