Lo sviluppo dell’enogastronomia e il successo dell’export di vino nel 2012 confermano che quello vitivinicolo è un settore da difendere e potenziare

vinoIl settore dell’enogastronomia, in base all’ultima indagine dell’Unioncamere-Istat resa nota nel marzo scorso, è quello che nell’economia generale del nostro Paese in questi ultimi anni sta riuscendo a segnare importanti risultati positivi, con un interessante incremento dei consumi vinicoli e agroalimentari soprattutto nel comparto del turismo sia italiano che straniero, pari ad un + 43-49%, corrispondente ad un introito intorno ai 10 miliardi di euro, cioè il 14 per cento dell’intero pacchetto del giro di affari riconducibile al turismo, riconfermando, quindi, un ampliato interesse per il wine&food di vacanzieri ed escursionisti.

Nel contempo va anche d’altra parte evidenziato che, sempre nello scorso mese di marzo 2013, un’attenta elaborazione di dati eseguita da Assoenologi (l’Associazione Enologi Enotecnici Italiani) ha fatto emergere, per quanto riguarda propriamente le vendite del vino italiano all’Estero nei 12 mesi del 2012, un introito di 4,7 miliardi di euro pari ad un + 6,5% rispetto allo stesso periodo del 2011, per un volume di 21,2 milioni di ettolitri ed une crescita del valore medio corrispondente ad un + 16,7%. Nel complesso, quindi, si può ben affermare con il dott. Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi, che l’anno scorso si è chiuso con una decisa espansione del valore export dei nostri vini, con il progressivo ampliamento dei mercati di destinazione, insieme all’incremento del valore medio unitario di tutti i segmenti di produzione oltre che alla ripresa, soprattutto, dei vini DOP nei principali mercati internazionali. Mentre il registrato rafforzamento delle aree emergenti appare come un altro degli elementi più significativi che qualificano e caratterizzano i risultati di sintesi espressi appunto nel valore record di 4,7 miliardi di euro conseguito nel 2012, un anno considerato tra i più turbolenti degli ultimi due decenni, sottolinea ancore l’Assoenologi.

In un siffatto quadro passando più specificatamente allo stesso vero e proprio settore vitivinicolo generale, vanto dell’agricoltura nazionale, ed ai consumi in un mercato enologico sempre più difficile e sofisticato, va opportunamente rilevato, con l’attenta imprenditrice Rita Macripò, presidente della notissima Cantina Sociale “L. Ruggieri” di Lizzano, che per quanto concerne segnatamente le richieste commerciali e le esigenze preferenziali, se da una parte i consumatori sono attratti dalle caratteristiche organolettiche ed “estetiche” del vino, dall’altro i tecnici e gli operatori del settore sono chiamati, oggi più che mai, ad agire adottando sistemi produttivi ecocompatibili, finalizzati all’ottenimento di uve e vini salubri, esenti da sostanze tossiche per l’organismo umano, così come giustamente richiesto dalla fruizione nazionale e dell’export.

Le attenzioni e il miglioramento qualitativo cominciano – sottolinea dal canto suo la presidente Macripò — in campo con le migliori tecniche di coltivazione comprendenti quindi la fertilizzazione dei suoli e i trattamenti sanitari per il controllo sia dei microorganismi patogeni sia di determinati insetti, quali ad esempio le tignolette, capaci di inficiare la qualità e la quantità delle produzioni. I vini più pregiati, infatti, si ottengono da uve che devono giungere in cantina in condizioni di massima integrità ed esenti da processi fermentativi indesiderati, in grado quindi di porre gli enologi nelle migliori condizioni per ultimare i processi di trasformazione da cui dipende il successo del prodotto finale. Il vino di qualità deve essere appunto trattato come un prodotto di lusso con la massima cura possibile. E per far crescere, d’altro canto, il settore e portarlo a competere ad armi pari con i Paesi che hanno una efficienza produttiva diversa, bisogna intervenire sia sul piano produttivo che su quello organizzativo e distributivo, secondo particolari obiettivi aziendali.

La viticultura, soprattutto nell’intera Puglia ad esempio, costituisce un’attività economica di assai rilevante importanza e di antichissima tradizione. Tra la produzione di vino e la cultura locale è sempre esistita una relazione molto stretta anche se nel corso degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso si è registrato un certo distacco delle giovani generazioni, che si erano orientate al consumo di bevande alcoliche di diverso tipo legate a modelli di culture esterofili. Attualmente, però, la cultura del vino si sta diffondendo anche fra i giovani grazie alla commercializzazione di vini meno corposi di quelli tradizionalmente prodotti nelle nostre aziende. Il pubblico è ora più vasto e meglio informato, e il consumo del vino non è più legato soltanto al pasto tradizionale, ma si beve pure in momenti, in luoghi più disparati e in modo diverso.

Sui territori nazionali più vocati, e particolarmente in Puglia che è da sempre annoverata tra le regioni vitivinicole maggiormente produttive, la filiera del vino si presenta in modo completo e va dalla produzione di uve di elevata qualità alla produzione di vini di pari livello, e proprio il vino pugliese si sta imponendo su mercati sempre più ampi, nazionali e internazionali, grazie ad una sempre più incisiva opera di pubblicizzazione del prodotto e ad una maggiore attenzione posta nella commercializzazione interna ed estera, con particolare riguardo all’export.

Inoltre va segnalato che importanti passi in avanti si stanno concretizzando – specifica ancore le presidente della  Cantina Sociale “L. Ruggieri”, Rita Mecripò – per incrementare la qualità delle uve attraverso i piani di ristrutturazione e riconversione dei vigneti favorendo il reimpianto di vitigni autoctoni. Un altro passo in avanti è stato fatto con la costituzione (come quella del”Lizzano DOC”) di Consorzi di Tutela, i quali hanno il compito principale di controllare l’attuazione dei disciplinari, e quindi della qualità delle produzioni DOC e nel contempo anche DOP, permettendo così una chiara differenziazione delle tipologie di prodotto presenti sul mercato, sia in termini di materie prime che di prodotto finale, con notevoli vantaggi per lo sviluppo della domanda e dell’offerta di mercato. Intanto un fenomeno segnatamente rilevante proprio in Puglia è attualmente costituito dell’insediamento nel territorio regionale di grosse aziende del Nord e del Centro Italia, aziende anche con marchi conosciuti e affermati, le quali, avendo certamente intuito le grandi potenzialità appunto del comprensorio pugliese hanno trovato particolare convenienza a produrre in loco, grazie, oltre tutto, anche a finanziamenti a loro destinati, e con un minor costo di produzione. Questo “fenomeno” sta allarmando non poco i produttori locali, giacché tali aziende possiedono migliori strutture organizzative e più incisive conoscenze tecniche e, nel contempo, appunto marchi affermati e conosciuti ampiamente sui mercati internazionali. Comunque a proposito c’è pure da dire che se da una parte tali aziende preoccupano con la loro “invasione” i produttori locali, contemporaneamente li stanno però spronando ed investire in tecnologia e in qualità.

Tutto ciò mentre la commercializzazione dei prodotti costituisce tuttavia un serio limite alla capacità di sviluppo delle cantine locali in quanto molte di esse si vedono costrette a vendere il vino sfuso ad imbottigliatori del Nord Italia e in molti cosi questo vino viene direttamente imbottigliato con marchi delle zone di arrivo e non con dicitura delle zone di produzione da dove provengono. Così che, ad esempio, accade il paradosso di un vino primitivo autoctono, fiore all’occhiello del Tarantino, che è spacciato come un “Primitivo” prodotto in altre zone della Penisola senza tener conto della effettiva provenienza, da ditte senza scrupoli che si appropriano del nome di un vitigno che è nato e cresce solo in Puglia.

Per poter risolvere questo problema sono assolutamente necessarie opportune campagne di sensibilizzazione degli stessi produttori pugliesi affinché si organizzino per l’imbottigliamento del vino in loco, magari attraverso forme di cooperazione per iniziative di pubblicizzazione del prodotto a cura degli Enti locali e delle varie associazioni dei produttori già esistenti. Un’importante iniziativa in tal senso è stata a suo tempo l’istituzione delle “Strade del Vino”, la cui finalità è proprio quella della promozione del territorio e della sua cultura, alle quali le produzioni ed il consumo del vino sono profondamente legati, insieme alla difesa del nome dei vitigni autoctoni.

Al riguardo va segnalato, ad esempio, che tra le diverse “Strade del Vino” esistenti nel Mezzogiorno d’Italia, quelle del “Vino Primitivo di Manduria e Lizzano DOC” è già operante con successo da alcuni anni dando soddisfacenti risultati, ma la stessa avrebbe bisogno di essere ulteriormente incentivata affinché possa portare nel territorio quei risultati di eccellenza che tutti gli aderenti auspicano.

Altro grosso problema del settore vitivinicolo risiede nella frammentazione delle aziende e mentre l’industria agroalimentare e la potente grande distribuzione si concentrano in poche realtà di notevoli dimensioni, il numero delle Cantine sociali è molto elevato. Tale incapacità di associazionismo non permette alle aziende locali di essere competitive e di aggredire in maniera incisiva il mercato. Inoltre va d’altra parte pure sottolineato che il comparto necessita di forniture di servizi di sostegno commerciale che supportino i produttori pugliesi, e del Tarantino in particolare, nella fase di pubblicizzazione e di vendita dei propri prodotti. In molte regioni italiane si effettuano campagne promozionali incisive anche se esse non possono vantare una tradizione e una qualità comparabili con quelle dei vini pugliesi.

E a tal scopo giusto la Regione Puglia, la Provincia di Taranto e le Città del Vino dovrebbero sostenere e organizzare campagne pubblicitarie martellanti e costanti (la sola annuale partecipazione al Vinitaly non è sufficientemente produttiva in proposito), e dovrebbero dotarsi di specifici uffici fissi per affiancare alla promozione turistica del territorio anche quella enogastronomica. Da parte dei produttori provengono specifiche lamentele in relazione alle politiche di intervento nel settore vitivinicolo che riguardano anche diversi aspetti: innanzi tutto viene lamentato come le politiche economiche della Regione Puglia siano orientate ad interventi di natura settoriale, mentre l’Unione Europea incentiva soprattutto attenti e adeguati progetti di filiera.

Ciò svantaggia gli imprenditori in quanto la filiera del vino è stata inserita all’interno del settore appunto agroalimentare, per cui si vedono costretti a presentare piani di finanziamento generici ed a concorrere con un numero elevato di progetti di altre filiere per la divisione delle scarse risorse disponibili. Al riguardo, concludendo, va segnatamente marcato che secondo appunto la presidente, della Cantina Sociale “L. Ruggieri“, Rita Macripò, a nome di tutti i vari produttori vinicoli locali, è da ritenere che bisognerebbe avere maggiore attenzione per il mondo cooperativo per la funzione comune associativa che svolge sul territorio, passando da una politica di sovvenzioni e di aiuti a misure destinate a favorire la competitività del comparto, nell’ottica di poter far fronte adeguatamente ai nuovi orientamenti del mercato mondiale del vino in vista della promulgazione della nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC) in discussione a Bruxelles.

Roberto A. Raschillà

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