“Armando Pizzinato. Nel segno dell’uomo” a Pordenone fino al 9 giugno 2013

Armando PizzinatoDa febbraio a giugno, l’Amministrazione Comunale e il Centro Iniziative Culturali Pordenone, con la collaborazione dell’Archivio Armando Pizzinato di Venezia, organizzano due grandi mostre dedicate all’artista, uno dei protagonisti dell’arte italiana del Novecento.  Dal 9 febbraio al 9 giugno, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea che all’artista è dedicata, propone l’organica antologica “Armando Pizzinato. Nel segno dell’uomo” e, dal 16 febbraio  al 9 giugno, la Galleria Sagittaria del Centro Culturale Casa A. Zanussi, sempre a Pordenone, propone “Armando Pizzinato.Il contesto pordenonese (1925 – 1940)”.
Intorno alle due mostre, l’Omaggio della Città al Maestro si completa con una serie di iniziative, incontri, visite guidate, testimonianze. Per riscoprire l’artista e l’uomo e per approfondire decenni davvero fondamentali nella storia dell’arte italiana del Novecento.
La mostra alla  Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Armando Pizzinato”:
A più di cent’anni dalla nascita di Armando Pizzinato sembra giunto il momento di offrire una completa visione del suo lavoro artistico che, mettendo l’opera al centro dell’attenzione, saprà unire tutti i periodi dell’artista, superando vecchie polemiche e contrapposizioni, per riportarla all’essenza che fa di lui uno dei protagonisti più importanti ed interessanti dell’intera seconda metà del Novecento italiano.

La mostra che Pordenone, città di appartenenza dell’artista, propone dal 9 febbraio al 9 giugno 2013, punta ad offrire un approfondimento nuovo su Pizzinato, superando vecchie polemiche e contrapposizioni, consapevoli che, oggi, nulla è rimasto delle accese discussioni di un’epoca ormai lontana e definitivamente tramontata e che, almeno per quanto riguarda Pizzinato, pochi ricordano con precisione le sue parole, e i più invece stancamente ripetono cose dette da altri molti anni prima.

L’esposizione curata da Casimiro Di Crescenzo non si sottrae certo dall’obbligo di raccontare l’appassionato dibattito culturale che infiammò l’Italia neorepubblicana, ma intende separarsi dalla visione ultima dell’artista solitario e indipendente, che fu la sua scelta sofferta e meditata negli ultimi anni di vita, e mostrare invece l’aspetto battagliero e vivace di un artista che, s’impegnò a fondo, anche con scritti, per difendere la sua opera.

Ad ospitarla è la nuova Galleria d’Arte Modena e Contemporanea di Pordenone, intitolata nel 2010 proprio al Maestro. Per la città è anche un modo per ringraziare, a posteriori, l’artista che, già in vita, volle legare un nucleo davvero ampio ed importante di sue opere e un ricco fondo di corrispondenze e altro importante materiale al Museo Civico.

La mostra, promossa ed organizzata dall’Assessorato alle Attività Culturali del Comune in stretta collaborazione con l’Archivio Armando Pizzinato di Venezia, comprende 143 opere, molte delle quale inedite o raramente esposte, che provengono da numerose collezioni private, ed importanti musei tra cui  il MAMbo di Bologna, il Museo del Novecento di Milano, la Galleria del Premio Suzzara, Casa Cavazzini Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Udine,  Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia e l’ASAC della Biennale di Venezia. Nelle tre sezioni si potrà seguire l’evoluzione di Pizzinato, dalle opere giovanili al momento della sua adesione al Realismo Italiano, alla produzione che fa seguito alla scomparsa della moglie, segnata dall’allontanamento dai canoni del Realismo verso una adesione al Naturalismo, ad una libertà espressiva non più compressa e, infine, all’astrattismo geometrico.

Il focus sulle opere giovanili proposto in apertura della mostra è necessario per capire l’ambiente di coltura dell’arte di Pizzinato. La sua passione per il disegno è contrastata dalla madre, impegnata a sostenere la famiglia dopo il suicidio del marito. Il lavoro in banca consente ad Armando di seguire le lezioni di Pio Rossi, poi gli anni  dell’Accademia di Venezia con Guidi, la borsa di studio che lo porta per tre anni a Roma dove si confronta con quelli della Cometa e con Guttuso. Quindi la guerra, la Resistenza e il carcere. Infine, nel dopoguerra l’adesione al Fronte Nuovo delle Arti di cui fu tra i fondatori. La presa di posizione di Togliatti contro l’astrattismo lo porta alla sofferta adesione al Realismo, vissuto secondo una personale estetica che tenta di coniugare l’Umanesimo socialista alle strette esigenze ideologiche del Partito Comunista. Sono gli anni della partecipazione alla XXV Biennale e della decorazione della Sala Consigliare della Provincia di Parma.
L’abbandono del modello sociale di matrice comunista coincide, nel 1962, con la scomparsa di Zaira, la sua prima moglie, e con la conquista, dopo una crisi profonda, di una nuova sensibilità e di nuovi entusiasmi. E’ il periodo dei grandi riconoscimenti ufficiali: la mostra alla Bevilacqua La Masa, le grandi retrospettive di Mosca e Leningrado, Berlino e Dresda, ma anche a Pordenone e al Correr di Venezia. La sua è una ricerca continua di nuovi orizzonti, di nuove esperienze, riflesso di una rinnovata libertà interiore. Ha inizio quello che Mazzariol, suo amico e mentore, definì come il suo “Quarto tempo”: i grandi dipinti astratti e geometrici. Col suo libro Poffabro, luogo magico del 1992, la lotta è ora per la salvaguardia del paesaggio davvero unico di queste sue terre.

Il Centro Iniziative Culturali Pordenone (CICP), profondamente legato alla figura dell’artista e che da tempo ha instaurato un rapporto di collaborazione con l’Amministrazione Comunale, partecipa a questa iniziativa, ospitando una mostra degli artisti pordenonesi degli anni ’20-’30 curata da Giancarlo Pauletto e il fondo di grafica di Armando Pizzinato della collezione del Museo Civico di Pordenone.

Informazioni e prenotazioni:
Tel: +39-0434-523780 / +39-0434/392941
E-mail: info@artemodernapordenone.it
Sito: www.artemodernapordenone.it
Armando Pizzinato

Armando Pizzinato nasce il 7 ottobre 1910 a Maniago (PN) dove suo padre, Giovanni Battista, che aveva sposato il 12 gennaio  di quell’anno Andremonda Astolfo, è proprietario del noto Caffè dell’Unità Italiana posto all’angolo di Piazza Maggiore, attuale Piazza Italia. Fin da bambino sviluppa una passione per il disegno. Un doloroso lutto lo colpisce, quando, il 1° ottobre 1922, suo padre si suicida per dissesti finanziari, gettandosi in acqua alla Dogana, il porto fluviale di Pordenone. Nell’ottobre del 1923 con la famiglia si trasferisce a Pordenone, dove lavora per pochi mesi come garzone nella bottega di Tiburzio Donadon e poi, come impiegato in una Banca locale. Il direttore della Banca, scoperta la sua passione, gli pagherà le lezioni di pittura presso  Pio Rossi. Migliorate le condizioni economiche, riesce a iscriversi nel 1930 all’Accademia di Venezia, sotto l’insegnamento di Virgilio Guidi. Prime amicizie artistiche con Turcato e Afro. Nel 1936, vinta la Borsa Marangoni a Udine, è a Roma, dove frequenta il gruppo della Cometa: Mafai, Cagli, Mirko, Capogrossi e Guttuso. Lo scoppio del conflitto bellico lo riporta nel 1940 a Venezia che è diventata la sua città di adozione. Qui, per molti anni, è docente all’Accademia di Belle Arti e al Liceo Artistico di Venezia. Nel 1941 incontra Zaira Candiani che più tardi diventerà sua moglie e dalla quale, nell’agosto del 1943, avrà un’unica figlia, Patrizia. Nell’autunno del 1943 fino al 1945 interrompe l’attività di pittore e partecipa attivamente alla Resistenza; arrestato dai fascisti il 2 gennaio 1945, è imprigionato a Santa Maria Maggiore fino al 25 aprile, giorno della Liberazione. Riprende a dipingere e nel 1946 è fra i promotori del Fronte Nuovo delle Arti, il primo movimento artistico italiano dopo la caduta del Fascismo, ufficialmente riconosciuto nella Biennale del 1948. La polemica tra astrattisti e realisti segna la fine del Fronte nel marzo del 1950; Pizzinato aderisce, insieme a Guttuso, al movimento del Realismo italiano nelle cui sale esporrà alla XXV Biennale dello stesso anno. Nel 1953 si aggiudica il concorso, bandito dall’Amministrazione Provinciale di Parma, per la decorazione della Sala Consigliare. Questo ciclo di affreschi, che lo impegna fino al 1956, è l’esperienza fondamentale di questi anni. Su invito di Pizzinato, Carlo Scarpa si occupa dell’arredamento e della sistemazione delle pareti. Fedele alla rappresentazione della nuova realtà sociale, proletaria e contadina, rappresentata politicamente dal Partito Comunista, rimane legato al movimento realista fino al 1962, molti anni dopo la brutale sconfessione operata dalla Commissione culturale del Partito nel 1956; da questa data Pizzinato visse in una forzata solitudine accettata con rassegnato stoicismo. Fu l’improvvisa morte della moglie Zaira, nel dicembre del 1962, a provocare una profonda crisi artistica e l’esaurirsi dell’esperienza realista. Il fecondo dialogo con l’amico Bepi Mazzariol lo porta già nel marzo del 1963 al periodo neo-naturalista iniziato dalla felice serie “Dal giardino di Zaira”, con la quale giunge a una piena libertà espressiva  utilizzando forme sia dinamiche, sia astratte o figurative ma sempre fedele a una visione costruttiva della realtà. A questa rinnovata felicità nell’arte non è estranea, nella vita, l’incontro nel febbraio del 1966 con Clari, che diventerà la sua seconda moglie, nuova modella per numerosi ritratti e figure, e musa ispiratrice di fortunati motivi, tra i quali la serie di dipinti ” Gabbiani”, “Betulle”, “Venezia”. Oltre alla partecipazione alle edizioni della Biennale di Venezia del 1948, 1950, 1952, 1954 e 1966, ricordiamo, tra le mostre più significative, quella alla Bevilacqua La Masa del 1962, a Mosca e a Leningrado nel 1967 e a Berlino e a Dresda nel 1968, la retrospettiva a Pordenone del 1970 e quella al Museo Correr del 1981, che rappresentò la sua definitiva consacrazione. Pizzinato non si ferma qui, ma la ricerca di nuovi orizzonti, il raggiungimento di una piena libertà interiore, lo spingono verso traguardi maggiori. Inizia così quello che sarà l’ultimo ciclo della sua pittura, con critica intelligenza definito da Mazzariol il “Preludio per un quarto tempo”. Grandi dipinti portatori di una nuova astrazione costruita su rigorose geometrie. Pubblica nel 1992 il libro Poffabro luogo magico dedicato alla sua terra natale, dove mescola ricordi autobiografici alla denuncia costruttiva contro la speculazione edilizia, la distruzione del paesaggio e restauri architettonici dissennati; un alto monito a difesa del rispetto dei luoghi e della loro memoria. Ormai anziano, ha il tempo di occuparsi della grande retrospettiva che si tiene alla Villa Manin di Passariano nel 1996; per lui, l’ultima occasione di vedere riuniti insieme i suoi dipinti sparsi in Italia e nel mondo in importanti istituzioni pubbliche e numerose collezioni private. L’artista muore all’età di 93 anni il 17 aprile del 2004. Le sue ceneri riposano nel Cimitero di San Michele a Venezia.