Le pecurialità dell’olivicoltura italiana e le riforme della PAC

oliveNove anni fa, nel 2004, come ben si ricorda, c’è stata, la riforma della politica di sostegno nel settore dell’olio ed era appunto quella l’occasione per inserire nell’ambito dell’OCE qualche strumento che potesse per davvero risultare utile nei periodi di maggiore crisi di mercato. Ma l’occasione è stata persa: si è preferito riservare tutte le attenzioni sui pagamenti diretti e sul regime di aiuti a favore delle associazioni olivicole, lasciando i produttori privati in balia della schizofrenia del mercato.
Poi, ancora cinque anni fa, nel 2008, c’è stata l’occasione della verifica dello stato di salute della PAC (Politica Agricola Comune); ma anche questa opportunità è stata persa. Adesso si discute della nuova FAO 2014-2020 e non c’è traccia di proposte specifiche finalizzate a risolvere i problemi di un settore che è assolutamente determinante per l’economia agricola di diverse Regioni italiane, prime fra tutte quelle meridionali. E di nuovo tuttora si indugia a parlare dei pagamenti diretti, si discute sull’impatto negativo del “greening”, e in particolare, della mira delle aree ecologiche, per il settore dell’olio d’oliva; ma non si trova sulla piazza chi solleva la questione fondamentale del livello e delle stabilità del prezzo. Il tema dell’olio di oliva nel nostro Paese è assai sensibile e presenta una certa diversità di vedute tra i vari protagonisti della filiera; la componente agricola, quella industriale e quelle commerciale hanno ricette diverse e spesso perseguono obiettivi contrastanti. Anche all’interno dello stesso mondo agricolo le sensibilità, le opinioni e le proposte divergono.
Intanto durante gli ultimi anni, le riforme delle PAC hanno generalmente disaccoppiato i pagamenti dalla produzione delle olive ed hanno introdotto, tramite la condizionalità, un certo legame tre i pagamenti e alcuni obblighi ambientali.
Nella sua specifica comunicazione del novembre del 2010, la Commissione propone una componente obbligatoria allo scopo di rendere i pagamenti diretti del primo pilastro più rispettosi dell’ambiente (“inverdimento”) tramite l’aiuto a misure ambientali applicabili sull’insieme del territorio europeo, come pascoli permanenti, coperture vegetali, rotazione delle colture, e “set-aside” ecologico. Secondo quanto riportato in un documento del Copa-Cogeca, di valutazione e di proposte sulle bozze di regolamento in materia di riforma PAC 2014-2020, le colture delle olive, in quanto coltura perenne, deve poter beneficiare “ipso facto” della componente di inverdimento nell’ambito dei pagamenti diretti del primo pilastro. In effetti, i1 settore oleicolo genera importanti benefici per l’ambiente.
La coltura di olivi svolge un ruolo del tutto importante nella preservazione del paesaggio e permette di prevenire alcuni rischi naturali lottando contro l’erosione del suolo. In quanto coltura perenne, l’olivo ha un’importanza assolutamente strategica per la cattura del carboni(pozzi di carbonio) ed è fonte di sottoprodotti benefici in termini di energia rinnovabile (sansa, noccioli di olive, resti della potatura).
Dal canto loro molte preoccupazioni desta, d’altra parte, tra gli olivicoltori l’orientamento delle Istituzioni europee a riformare il regime dei pagamenti diretti, favorendo la convergenza tra Paesi membri e tra agricoltori dello stesso Paese per quanto riguarda l’importo ad ettaro degli aiuti disaccoppiati che sono incassati ogni anno. Oggi, infatti, un ettaro di olivi dispone in media di un titolo il cui valore risulta superiore a quello di tante altre colture vegetali, con particolare riferimento ai cereali. Ad esempio in Italia meridionale, in media un buon oliveto incassa oltre 600 curo per ettaro.
La proposta della Commissione per quanto riguarda l’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) conferma il vigente sistema di aiuto per i contratti di ammasso privato come rete di sicurezza contro le crisi di mercato. Come è stato già sottolineato, i prezzi di riferimento al di sotto dei quali l’ammasso privato può essere attivato, non sono stati rivisti al rialzo, come invece sarebbe stato necessario, per gli interessi dei produttori nazionali. Tali livelli sono stati stabiliti negli anni Novanta del secolo scorso e non riflettono nè la situazione di mercato nè i costi di produzione attuali. Di conseguenza, il prezzo di attivazione dell’ammasso privato deve essere aggiornato per tutte le categorie di olio di oliva al fine di stabilire dei livelli che prendano in considerazione la situazione reale, in particolare per quanto riguarda i costi di produzione e le spese di ammasso. Inoltre dovrebbe essere stabilito un meccanismo di revisione costante.
I prezzi di riferimento dell’attuale OCM sono, in euro/kg’: 1,524 per l’olio lampante avente due gradi di acidità libera; 1,710 per l’olio di olivavergine; 1,779 per l’olio extra vergine di oliva. Secondo il Copa-Cogeca, invece, è necessario raggiungere i seguenti prezzi, sempre in euro/kg: 2,00 per l’olio lampante (+34%); 2,33 per l’olio di oliva vergine (+36%); 2,54 per l’olio extra vergine di oliva (+43%).
Inoltre, sempre secondo il Copa-Cogeca, l’attivazione dell’ammasso privato dovrebbe essere più flessibile e automatica. Quando il mercato è in preda a serie perturbazioni, la Commissione può decidere di concedere un aiuto all’ammasso privato che necessita l’apertura di una gara. L’avvio di questo meccanismo dovrebbe essere più flessibile per poter reagire più rapidamente alla situazione del mercato. Per fare ciò l’attivazione dovrebbe essere automatica senza dover aspettare la risposta del Comitato di gestione. Inoltre ci dovrebbe essere una maggiore flessibilità sul periodo di stoccaggio. L’aiuto dovrebbe coprire tutte le spese di ammasso e i costi finanziari dell’immobilizzazione al fine di incitare gli operatori a utilizzare tale meccanismo. Infine, onde evitare perturbazioni di mercato, dovrà essere possibile evitare che il prodotto torni sul mercato durante i periodi critici della campagna come l’inizio della campagna di commercializzazione.

Roberto A. Raschillà

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