Fare agriturismo, una grande occasione di crescita economica

agriturismoGeneralmente quando si parla di vacanze, di week-end e di villeggiatura ci si riferisce di solito e in senso tradizionale al mare o alla montagna, senza comunque riflettere nella giusta misura sul fatto che da almeno una quarantina di anni, invece, oltre che mare e montagna si va sempre più diffusamente prendendo in considerazione la campagna, magari senza trascurare la valutazione di una certa vicinanza a centri turistici di maggiore consolidato richiamo (come, ad esempio, può essere il caso proprio dell’agro martinese circondato dalle incomparabili attrattive della verde Valle d’ltria ricca di stupendi ed esclusivi trulli, con i rutilanti boschi, ad un passo dalle invidiato bellezze barocche della stessa Martina Franca e a “un tiro di schioppo” dalla grande Taranto, indiscussa perla dello Ionio).

Tanto che oggi tra le consuete scelte turistiche degli italiani si può definitivamente giudicare prepotentemente inserito anche il podere, con le sue originali proposte di ospitalità legate all’agricoltura e alla integrità dell’ambiente naturale; ed è così che il turismo dei nostri giorni ha scelto tra i suoi principali protagonisti appunto la campagna e gli agricoltori, che rappresentano, quindi, soprattutto “agriturismo”: fenomeno, questo, particolare perché le attrattive che richiamano gli ospiti escono dalla vecchia logica dell’industria del tempo libero per collegarsi a situazioni di vita, di divertimento e di ambiente del tutto spontanee (l’agricoltura, l’artigianato, i prodotti tipici, il paesaggio, la natura, la cultura e i costumi locali); mentre, nel contempo, chi offre l’ospitalità non è da considerare un vero e proprio professionista del turismo nel suo senso classico, bensì un accorto agricoltore che vuol far fruttare la propria azienda e valorizzare al massimo i suoi servizi e le sue produzioni. Ed è proprio per questo che sia l’agriturismo che lo stesso turismo rurale riescono ad ottenere effetti economici, sociali e culturali assolutamente specifici e segnatamente apprezzabili rispetto alle altre forme del turismo tradizionale.

Lo sviluppo dell’agriturismo si inserisce, quindi, nel contesto socio-economico rurale come elemento non sostitutivo ma integrativo dell’assetto preesistente, nel senso che tende a valorizzare in chiave turistica risorse ambientali, produttive e culturali già proprie del contesto stesso, o comunque ad esso strettamente connesse. In tale ottica agli imprenditori agricoli l’agriturismo, insieme al turismo rurale, offre la possibilità di conquistare una nuova fonte di reddito, alla quale si devono non solo l’elevazione del tenore di vita ma anche maggiori disponibilità finanziarie per investimenti tesi al miglioramento dell’agricoltura e allo sviluppo dei campi, oltre che a consolidare ordinamenti produttivi già in corso ed a promuovere nuovi settori e servizi funzionali alle varie esigenze dell’ospitalità. Riflettendo, d’altra parte, ponderatamente soprattutto sul fatto che attraverso l’agriturismo e il turismo rurale è possibile mantenere e incrementare l’attività agricola anche in zone a modesta vocazione produttiva – in senso quantitativo – come quelle di collina e di montagna.
Inoltre, al riguardo, vi è anche da non sottovalutare che l’utilizzazione a fini agrituristici di edifici rurali non più adibiti a funzioni agricole produce, indubbiamente, importanti benefici segnatamente alla conservazione e valorizzazione del patrimonio paesaggistico, che è di per se stesso premessa fondamentale per la vocazione stessa agrituristica di una determinata zona; considerando, inoltre, che di norma tali strutture possono essere destinate all’accoglienza di ospiti con investimenti di gran lunga inferiori a quelli che sarebbero necessari per la realizzazione ex novo di impianti ricettivi turistici veri e propri, con l’ulteriore vantaggio, poi, di poter disporre di alloggi “esclusivi” con caratteristiche abitative assolutamente originali e di per se stesse di grande richiamo per la grande utenza turistica sia nazionale che estera.

Ed è proprio in questo quadro che può essere indubbiamente considerato oggi abbastanza consistente il flusso turistico che si e venuto a creare sulla base di una domanda che guarda alla campagna e, quindi, all’agriturismo e al turismo rurale come ritorno alla natura, a realtà ambientali caratterizzate da un sano equilibrio degli elementi naturali dove – come, ripetiamo, è nello specifico il caso di Martina Franca e del suo hinterland – paesaggio e prodotti della terra, oltre che della locale zootecnia (costituita in buona parte dall’allevamento equino), contribuiscono a restituire atmosfere di netta contrapposizione con la vita convulsa delle realtà urbane. Non è, infine, e non vuole essere un puro e semplice “ritorno alla terra” in opposizione alla città, ma è certamente da ritenere come il richiamo di un habitat – forse in parte oggi perduto, ma certamente non dimenticato – in grado di offrire armonie quali, ad esempio, quelle che solo le lunghe passeggiate a cavallo tra boschi e radure, o lussureggianti prati, sanno far gustare, insieme ad arcani silenzi di cui oggi più che mai l’uomo moderno sente sempre più imperiosi il desiderio e la necessità.

A complemento di quanto appena esposto e per meglio specificare e più compiutamente far comprendere cosa si intende per turismo rurale e agriturismo con tutta la grande portata dal punto di vista soprattutto economico, oltre che sociale e culturale delle varie attività ad essi collegate, a questo punto si vuole innanzitutto sottolineare che il reddito agrituristico è a tutti gli effetti legato allo spirito di iniziativa e ad una salda capacità gestionale che sappiano investire contemporaneamente la possibilità di stabilire i giusti rapporti con la richiesta di vacanze rurali e la prospettiva di adattare l’assetto produttivo agricolo in funzione del turismo stesso. In una tale ottica potrebbe configurarsi, dunque, come un grave errore interpretare il ruolo dell’agriturismo nell’agricoltura moderna in chiave puramente assistenziale anziché in chiave imprenditoriale.

Ed è, anzi, proprio nella specificità di tipo imprenditoriale dell’attività agrituristica che la stessa va vista non come attività sostitutiva dell’esercizio d’impresa agricola, ma piuttosto come una sua vera e propria dilatazione finalizzata al conseguimento di un maggiore reddito, questa la vera novità. Di conseguenza si può ben affermare di essere in presenza di una valida integrazione diretta tra le risorse dell’azienda agricola e la vera e propria organizzazione dell’ospitalità turistica: non vi ‘e sovrapposizione di un’attività sull’altra, ma entrambe vengono esplicate restando nella esclusiva natura dell’attività agricola che viene, anzi, innovata mettendo in atto un processo di maggiore diversificato sfruttamento delle risorse rurali.

In particolare, poi, l’inequivocabile nesso di rapporto di impresa che sussiste fra l’attività agricola e l’attività agrituristica viene in pratica a cadere o, meglio, non diventa più necessario quando si passa a trattare di turismo rurale, il quale va tenuto distinto dall’agriturismo in senso “classico”, anche se per quanto riguarda la fruizione dei servizi da parte dell’utenza turistica vera e propria o solamente “vacanziera” in senso lato, tale distinzione scompare del tutto.

Tanto che la palese non necessità di un esclusivo rapporto di impresa costituisce, in effetti, l’unica vera differenza tra agriturismo e turismo rurale, intendendosi per quest’ultimo genericamente la domanda-offerta di accoglienza turistica in zone prettamente rurali: con una tale definizione si possono intendere sia iniziative di ospitalità realizzate in aziende agricole specifiche, sia forme di ospitalità alberghiera in borghi e centri abitati promosse da agricoltori o anche non agricoltori, sia, infine, proposte turistico-agresti a carattere del tutto alberghiero.

E dunque, in una siffatta ottica, il concetto, senza dover necessariamente assolutamente escludere una connessione con l’attività agricola, diviene indubbiamente assai più vasto e variato e, pertanto, appaiono certamente minori, se non del tutto inesistenti, i limiti o i vincoli all’iniziativa dei singoli.

Semplificando ancora ulteriormente l’assunto, in estrema sintesi si potrebbe quindi affermare che mentre Pagriturismo è da considerare strettamente innestato esclusivamente all’attività d’impresa agricola, dal canto suo il turismo rurale appare come prevalentemente riferito unicamente all’ambiente o, meglio, ad una tipologia di ambiente agricolo e, perciò, rurale che potrebbe essere anche caratterizzato da un’agricoltura difficile se non addirittura del tutto carente sotto il profilo del valore economico del reddito prodotto.

Per concludere al momento, comunque, a questo punto sembra d’obbligo evidenziare ancora una volta – per ulteriormente sensibilizzare sull’argomento i potenziali interessati al settore – che la vacanza agrituristica esprime forse al meglio le componenti di riposo e di divertimento poiché prevede varie occasioni di svago e di attività di tempo libero che nulla hanno da invidiare agli svaghi del turismo tradizionale e che solo la campagna o il bosco (e l’hinterland tarantino ne è particolarmente ricco) sanno offrire.

Ma la differenza è soprattutto “culturale”: si può attraversare appunto un bosco in motocross o fuoristrada, ma ben si comprende che non è la stessa cosa se lo si fa a cavallo, ad esempio di un bel morello o sauro murgese; per non dire delle escursioni tra borghi che sanno di antiche tradizioni, pregni di storia e di leggende, e tra pianure e valli dense di odori di fieno e mosti, segnate da pascoli improvvisi. L’agriturismo è soprattutto questo e qualcos’altro ancora, come certamente una sana cucina annaffiata da buon vino; mentre, dal canto suo, il turismo rurale può essere, d’altra parte anche considerato sotto forma di “agricampeggio”.

Mentre a proposito potrebbe essere attuata una vera e propria promozione a 360 gradi del turismo plein air con la proposta di una fruizione guidata dei posti di maggiore interesse turistico, unita alla stessa valorizzazione delle aree verdi con particolare attenzione alla creazione di itinerari naturalistici e ad una più proficua sensibilizzazione dei campeggiatori di qualsiasi provenienza sia nazionale che estera a utilizzare, infine, turisticamente i vari campeggi dell’area ionica pure in bassa stagione e non solamente in estate,. Incrementando, quindi, l’agricampeggio considerato dal profilo economico.

In ogni caso, al riguardo va specificato che per agricampeggio, o campeggio agrituristico, si deve intendere la sosta di un certo numero di persone munite di propri “ricoveri” mobili – quali tende, roulotte, camper ecc. — su un fondo agricolo dotato a tal fine dei necessari servizi essenziali. Tenendo presente che nel quadro generale della domanda di campeggio, l’agricampeggio si propone di soddisfare un settore del tutto particolare: quello, appunto, che si può senz’altro definire degli appassionati “autentici” del campeggio in se stesso, inteso come vacanza autosufficiente, estremamente salutare, non di massa, e a diretto contatto con la natura in tutte le sue variegate forme, oltre che paesaggistiche anche culturali.

Per quanto concerne, poi, ciò che interessa i termini di rilievo prettamente economico, nel quadro generale della specifica attività agrituristica, l’agricampeggio, da parte sua, può effettivamente evidenziare anche buoni ritorni che non vanno assolutamente sottovalutati, sia per il reddito derivante dal pagamento dell’area di sosta – o di una quota a persona -, sia perché l’azienda agricola che ospita il campeggio potrà opportunamente vendere i propri prodotti – come componenti, se non proprio come parte essenziale, dei pasti preparati autonomamente dai campeggiatori stessi -, ovvero offrire in proprio pasti già confezionati, unitamente a servizi di vario genere.

Va inoltre sottolineato, per concludere, che l’agricampeggio può venire facilmente organizzato in qualsiasi azienda agricola che disponga di sia pur minimi adeguati spazi con un modesto investimento iniziale, contrariamente a quanto concerne l’ospitalità in alloggi che richiede l’onerosa disponibilità di edifici adatti. Mentre, infine, è di non trascurabile significato, anche per determinate forme di agricampeggio, il legame alla tradizione gastronomica autoctona locale, della quale si è soliti sottolineare non solo la genuinità – per la freschezza delle materie prime ottenute sul posto -, ma pure la tipicità dei prodotti alimentari coltivati, ottenuti e gestiti in proprio dalle diverse aziende agricole esistenti sul territorio, per la maggior parte a conduzione esclusivamente familiare.

Roberto A. Raschillà

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